Megarisarcimento per una contenzione psichiatrica durata otto giorni
La leggenda della riforma psichiatrica frana sotto un diluvio di critiche
Corte Europea per i Diritti Umani
La Corte Europea per i Diritti Umani ha condannato lo stato italiano al pagamento di 41.600 Euro a Matteo Lavorgna come risarcimento per essere stato sottoposto a otto giorni di contenzione ininterrotta nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Melzo (Milano) nel corso di un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). La sentenza cita esplicitamente alcune pratiche che, a ben guardare, non sono peculiari del caso in questione ma sono invece piuttosto diffuse nel Belpaese:
- Mancanza di documentazione che dimostrasse la necessità di una contenzione così prolungata (accompagnata perlopiù da sedazione)
- Violazione delle raccomandazioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura che limita a poche ore la possibilità di contenzione, al termine delle quali si rende necessario un riesame di cui, però, non c’era traccia.
- Nel corso dell’ultimo giorno di contenzione, i medici del servizio psichiatrico richiedevano il trasferimento di Lavorgna in un “contesto più appropriato” perché la (molto umana) reazione del paziente a un trattamento così brutale, definito dagli stessi medici problematico ed “eticamente dubbio”, si configurerebbe come “pericolo sociale”.
- La contenzione prolungata e non necessaria ha esposto il sig. Lavorgna a dolore e sofferenza in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani.
Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura
Non è la prima volta che le autorità internazionali ci bacchettano per il mancato rispetto dei diritti umani in psichiatria. Nel 2023 fu pubblicato il rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene e Trattamenti Inumani o Degradanti (CPT), un’emanazione del Consiglio d’Europa, sul risultato dell’ispezione in quattro reparti psichiatrici italiani, da cui uscì un quadro inquietante.
Il CPT esegue ispezioni quadriennali in tutti i paesi della Comunità Europea per verificare l’adeguatezza agli standard comunitari nei loro ambiti di competenza (psichiatria, residenze per anziani, carceri e immigrazione). Dal 2004 in poi, le ispezioni del CPT in Italia si sono sempre concluse con raccomandazioni, regolarmente ignorate, di risolvere le gravi carenze.
Le ispezioni, svolte tra marzo e aprile 2022 in quattro reparti psichiatrici ospedalieri (Milano Niguarda, Melegnano, Cinisello Balsamo e Roma San Camillo) rivelano un’incapacità di staccarsi dal modello manicomiale. Queste, punto per punto, le critiche rivolte all’Italia dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura:
- Eccessivo uso della contenzione fisica in tutti gli SPDC visitati (con punte in Lombardia, dove l’otto percento dei pazienti ricoverati in psichiatria è legato – centinaia di pazienti ogni anno)
- Eccessiva durata della contenzione fisica (in media diversi giorni) in contrasto con lo standard CPT, che non esclude la contenzione, ma la vede come strumento da usare in pochi casi e per un tempo limitato.
- Eccessivo ricorso, nella contenzione, allo ‘stato di necessità’ (art 54 del codice penale: stabilisce l’impunibilità di chi commetta un reato spinto dalla necessità di salvare sé o altri). Ciò rappresenta un cortocircuito giuridico, che annulla i diritti dei pazienti.
- Uso della contenzione su pazienti ‘volontari’ in violazione delle raccomandazioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura, che non contemplano questa possibilità.
- Mancanza di una vera tutela giuridica nei TSO perché il giudice tutelare, in barba alle raccomandazioni reiterate dal CPT ogni quadriennio dal 2004 a oggi, svolge una funzione meramente burocratica, paragonabile al timbrare una lettera in un ufficio postale: firma un modulo prestampato, senza mai entrare nel merito, valutare il caso specifico né vedere personalmente il malcapitato – nemmeno tramite video. Lo standard europeo, utilizzato in quasi tutti i Paesi della UE, compresi quelli dell’est, prevede invece che il giudice veda la persona e ascolti le sue ragioni, non solo in occasione del primo TSO ma anche prima di ogni eventuale rinnovo.
- Mancanza di informazioni ai pazienti. Molti di quelli intervistati dal CPT erano incoscienti del loro stato giuridico, non sapevano se fossero volontari o sotto TSO, e non erano consapevoli dei loro diritti. In quasi tutti i paesi UE, compresi quelli dell’ex Jugoslavia, nei reparti di psichiatria sono presenti brochure con spiegazione della procedura e dei diritti del paziente.
- Condizioni igieniche inadeguate (soprattutto al San Camillo, ma anche in Lombardia) e assoluta mancanza di accesso a zone di verde e all’aria aperta, anche questo in contrasto con lo standard prevalente in Europa (est e ovest) e con quanto richiesto dal CPT.
Le linee guida delle Nazioni Unite
Anche le Nazioni Unite, nella persona dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, chiedono a gran voce la messa al bando delle pratiche coercitive e l’implementazione del CRPD (Convention on the Rights of Persons with Disabilities – Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità). Nel corso di due riunioni avvenute in anni recenti, a cui hanno partecipato rappresentanti del CCHR (la rete mondiale di cui fa parte il CCDU), l’Alto Commissario ha ribadito la necessità di allineare i servizi di salute mentale con le raccomandazioni del CRPD (ratificato in Italia con valore di legge). I due documenti dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, del 2018 e del 2022, sono scaricabili qui, sia in originale sia in italiano (traduzione a cura del CCDU), assieme alla Guida ai servizi di salute mentale basati sulla comunità pubblicata congiuntamente da ONU e OMS.
La Corte di Cassazione
In sintonia con le critiche delle massime autorità europee, due mesi fa la Corte di Cassazione, chiamata a decidere su un caso di TSO, ha emesso un’ordinanza storica, dichiarando incostituzionale la legge sul TSO. La cosiddetta legge Basaglia fu scritta in realtà da Bruno Orsini, psichiatra democristiano, nonostante l’opposizione di Basaglia, per annullare il referendum chiesto dai radicali, e fu approvata in fretta e furia da un parlamento in cui risuonavano le grida di Pannella che chiedeva il rispetto dello spirito referendario. Invece, nelle parole dei giudici supremi (e come previsto dallo stesso Franco Basaglia) la nuova legge rappresenta “un ultimo residuo di quella logica manicomiale che la legge Basaglia ha avversato, e di quella convinzione, contrastata dal diritto vivente, secondo cui la persona affetta da patologia psichiatrica, disabilità, immaturità, non debba partecipare, nella misura in cui le circostanze glielo consentono, alle decisioni che la riguardano”.
Secondo i giudici supremi, l’attuale sistema normativo in materia di TSO, che non prevede la notifica del provvedimento al diretto interessato e non gli consente di poter sostenere le sue ragioni davanti al giudice in un contraddittorio, non è conforme agli articoli 2, 3,13,24, 32 e 111 della Costituzione, nonché agli articoli 6 e 13 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo.
In assenza di contraddittorio, secondo la Cassazione, un mero controllo formale sulla procedura e sul rispetto dei termini da parte del giudice tutelare, senza ascoltare le ragioni di chi si oppone al TSO, non costituisce controllo giuridico.
La sentenza ricorda come la negazione del diritto di difesa in contraddittorio sia incompatibile con l’articolo 13 della Costituzione, tanto da essere da molti anni oggetto di critiche da parte del CPT (Comitato per la Prevenzione della Tortura – un istituto del Consiglio di Europa).
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In un’intervista rilasciata nel 1978 al quotidiano torinese “La Stampa”, Franco Basaglia, che è sempre stato contrario ai ricoveri forzosi, criticava fortemente la riforma:
“La nuova legge cerca di omologare la psichiatria alla medicina, cioè il comportamento umano con il corpo. E’ come se volessimo omologare i cani con le banane.”
e ancora
“Negli ospedali ci sarà sempre il pericolo dei reparti speciali, del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”
Il CCDU, organizzazione di volontariato di vigilanza e denuncia in ambito salute mentale, rileva l’immobilità della psichiatria istituzionale italiana, che sembrerebbe fare orecchie da mercante alle raccomandazioni della comunità internazionale, della Corte Europea per i Diritti Umani e della Corte Costituzionale:
“Nei reparti psichiatrici si riproduce la stessa logica manicomiale che fu oggetto di contestazione negli anni della riforma.
Persiste un impiego sistematico di pratiche manicomiali, come il ricovero coatto, le porte chiuse e le grate alle finestre, il sequestro dei beni personali, la limitazione e il controllo delle telefonate, la limitazione delle visite e il ricorso diffuso alla contenzione meccanica e farmacologica.
Chiediamo l’implementazione immediata di quanto richiesto dall’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani: il riconoscimento della capacità giuridica per tutte le persone in cura presso i servizi di salute mentale, la fine di tutte le pratiche di trattamento involontario, il coinvolgimento delle associazione e del supporto paritario, l’abbandono del superato modello biologico-meccanicistico e l’adozione di un paradigma centrato sulla persona e rispettoso dei diritti umani”.
Riferimenti è documenti scaricabili: